domenica 17 luglio 2016

Circo Millenium, un'altra aggressione ai danni degli attivisti

Ancona, 10 luglio 2016
Uno degli attivisti aggrediti dagli addetti del circo Millenium


Ancona, 10 luglio 2016: una nuova aggressione avvenuta a danno di alcuni attivisti per mano degli addetti del circo Millenium.
A distanza di poco più di due anni dal feroce pestaggio di 5 attivisti a Pordenone, il circo Millenium torna alla ribalta per essersi reso protagonista, ancora una volta, di un inaudito episodio di brutale violenza.


Riportiamo la testimonianza di uno degli aggrediti di Ancona:

AGGRESSIONE VIGLIACCA E CRIMINALE AL CIRCO


Domenica 10 luglio, alle ore 16,30 circa, il nostro gruppetto di attivisti antispecisti, costituito da sette elementi, tre ragazzi e quattro ragazze, prende posizione a circa una quarantina di metri dalla biglietteria del Circo Millenium, attendato nel maxi parcheggio dello Stadio del Conero, in Ancona, con l’intenzione di inscenare un presidio di denuncia e di sensibilizzazione del pubblico al problema della condizione di estrema sofferenza degli animali, detenuti, violentati, abusati e sfruttati nei circhi, a scopo di lucro.
In quel mentre uno dei circensi muove verso di noi distaccandosi dal cospicuo gruppo di circa una ventina di persone, in gran parte uomini, in minima parte donne, che già dal momento dell’arrivo sul luogo con le nostre due auto, tengono sott’occhio i nostri movimenti. Vedendolo venire verso di noi, gli vado incontro, e questo, quando mi è vicino, mi intima con fare minaccioso di sgombrare immediatamente l’area insieme ai miei compagni, sostenendo che questa è stata presa da loro in affitto, perciò di loro esclusivo utilizzo, e che con la nostra presenza arrechiamo disturbo alla loro attività. Controbatto che l’area è pubblica, perciò anche da noi utilizzabile, e che della nostra manifestazione è già stato inviato un preavviso alla Questura di Ancona. Aggiungo che lui, se vuole, può chiamare la Polizia, così saranno gli agenti a stabilire se la nostra collocazione sia compatibile o meno con la loro attività ed eventualmente a farci spostare di lì verso un’area opportuna.
Nel frattempo sopraggiungono tutti gli altri circensi, alcuni dei quali, soprattutto le donne, iniziano a provocarci con pesanti insulti. Alcuni di noi controbattono le loro invettive, anche se in maniera più blanda, e questo è per loro il pretesto per passare all’azione. Così cominciano col prenderci a spintoni. Luca ed io, vedendo che le cose si stanno mettendo male, chiamiamo al telefono la Polizia.
Il primo ad essere violentemente aggredito sono io. Prima da uno che tenta di colpirmi al volto con un pugno, che io paro con la mano. Poi da un secondo (il fratello del primo), che senza che io possa accorgermene, perché concentrato sull’azione del primo, mi aggira portandosi alle mie spalle, e in perfetta sincronia con l’azione del primo, vigliaccamente afferra la mia lunga chioma da dietro e violentemente strattona il mio capo verso il basso, producendomi un forte trauma al rachide cervicale, facendomi sbilanciare indietro e facendomi crollare a terra supino. Nella caduta urto violentemente l’anca sinistra e il pollice sinistro che subiscono anch’essi un forte trauma. Appena la mia testa e la mia schiena toccano terra, prima ancora che riesca a realizzare cosa mi stia accadendo, tanto fulminea è l’azione, mi arriva in faccia, all’attaccatura del naso, un pesante pugno sferrato dall’alto verso il basso dallo stesso aggressore, che mi produce l’incrinatura del setto nasale ed un sanguinamento del naso. Grazie alla mia agilità riesco a rialzarmi prontamente, evitando così di essere massacrato a terra dal branco, che però si proietta verso di me appena sono in piedi.
Con uno scatto mi divincolo e fuggo velocemente, vanificando il loro inseguimento.

Il branco allora ritorna sui suoi passi e a subire l’aggressione questa volta è Luca, che ha fatto col telefono la ripresa video del momento della mia aggressione e sta riprendendo ancora. Atterrato con un forte pugno in faccia, viene poi trascinato sull’asfalto per i capelli, molti dei quali vengono strappati dal cuoio capelluto.
Il trascinamento produce sul suo torace abrasioni ed escoriazioni sanguinolente. Ma è ora che avviene il peggio: trattenuto a terra, tirandogli i capelli verso il suolo, viene colpito ripetutamente da più energumeni, con calci e pugni di violenza inaudita, principalmente su entrambi i lati del volto, producendogli numerose fratture delle ossa facciali, nonostante la schermatura fatta con le mani e gli avambracci. Il suo telefono, che lui nonostante tutto continua a tenere in mano per registrare tutta la sequenza degli accadimenti, gli viene strappato di mano e con tutta la forza scaraventato a terra, quindi distrutto (la scheda del telefono con la registrazione del video, costituente la prova del crimine, viene in seguito recuperata e messa a disposizione della Polizia).

Adamo ed io, tornato nel frattempo nel luogo delle aggressioni, interveniamo per far cessare il massacro, prima che ci scappi il morto. Allora i vigliacchi mollano la presa su Luca e nuovamente si scagliano verso di me, che anche questa volta fuggo a gambe levate, di nuovo inseguito da loro senza successo.
Il branco, come in precedenza, desiste dall’inseguimento e torna indietro, e questa volta diventa Adamo l’oggetto e la vittima dell’azione violenta.
Mentre pacatamente cerca di placare gli animi degli assalitori per indurli a smetterla con la loro azione scellerata, lo stesso soggetto che aveva aggredito me alle spalle, a tradimento sferra con la testa un potente colpo alla base del suo naso, rompendogli il setto nasale e producendogli un copioso versamento di sangue.

Mentre mi riavvicino al luogo del crimine, dopo aver seminato i miei inseguitori, vedo Adamo coprirsi con le mani il volto e poi venirmi incontro implorandomi di chiamare l’ambulanza del pronto soccorso, preoccupato per la possibilità di pesanti e pericolose complicazioni del suo precario stato di salute.
Il suo volto è una maschera di sangue e i palmi delle sue mani sono completamente imbrattate dal sangue sgorgato dal suo naso.

Chiedo telefonicamente l’intervento dell’ambulanza e invito le ragazze del nostro gruppo ad abbandonare la zona, mentre i circensi minacciano di distruggere le nostre auto se non le sgomberiamo di lì immediatamente. Uno di loro sferra un pesante pugno di avvertimento sul tettuccio della mia auto. Mi preparo ad intervenire, quando finalmente si vede sfrecciare sulla strada l’auto della polizia. Allora i circensi si decidono a lasciare l’area del misfatto e a raggiungere il loro tendone.
Sgomberate entrambe le auto dall’area e parcheggiate alla meglio lungo la strada, ecco arrivare l’ambulanza….

Leonardo Casaccia


Evidentemente la violenza paga!
Quando credere alle menzogne risulta più facile rispetto all'accettazione di scomode verità.
Quando la giustizia si dimostra inefficiente ed usa a smentirsi, totalmente disinteressata alla ricerca della verità (non è un caso che stiamo ancora attendendo, dopo oltre due anni, che la verità sia ripristinata in un'aula di tribunale).
Quando il silenzio, l'omertà e il disinteresse delle istituzioni e dell'opinione pubblica - complici colpevoli - gravano come macigni.
Perché mai chi già per professione è avvezzo all'uso della violenza come mezzo di coercizione (applicata sistematicamente, giorno dopo giorno, sugli animali schiavi: domati, abusati ed esposti innanzi ad un imperturbabile pubblico pagante, evidentemente talmente assuefatto agli orrori da non saperli cogliere) dovrebbe sentirsi non autorizzato a ricorrere alla prepotenza per negare ad altri il diritto, sancito dalla Costituzione, di esprimere liberamente le proprie opinioni?

Assistendo increduli a fatti che, in una società che ha l'ardire di considerarsi civile, non dovrebbero accadere, ricordiamo che, nel mentre, le voci dei veri protagonisti - gli animali imprigionati e costretti ad esibirsi negli spettacoli - continuano a rimanere inascoltate. Voci e corpi che non smettono mai di dire la loro, di opporsi o negarsi, di ribellarsi. Con loro continueremo a lottare senza farci intimorire, più motivati che mai.

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