giovedì 10 agosto 2017

Sagra dei Osei, la comunità di Sacile e la responsabilità del silenzio


la Sagra dei osei di Sacile - edizione 2016

"Cambiare si può e si deve" è una frase ricorrente, utilizzata (per non dire abusata) anche da chi si fa promotore di tradizioni violente come nel caso della Sagra dei osei di Sacile.
Ma il cambiamento, quello reale, comporta scelte coraggiose, la forza di non guardarsi indietro e il desiderio autentico di voltare pagina.
Sacile ha paura di cambiare.
I Sacilesi avrebbero, oggi come non mai, la possibilità di mettere la parola fine a quella che è una sagra di sofferenza per migliaia di individui, un triste e anacronistico evento che imprigiona vite.
Le opportunità di informarsi, riflettere e comprendere appieno la natura violenta di ciò che è sotto gli occhi di tutti non sono mancate; eppure non vi è mai stata, all'interno di questa comunità, una sincera riflessione sulla Sagra dei osei.
Lo sguardo spesso si è girato da un'altra parte di fronte a ciò che avviene la prima domenica dopo ferragosto, assordante è sempre stato il silenzio di una collettività impermeabile, ancorata alla "propria" triste festa della natura in gabbia. I fieri ed appassionati sostenitori di questa manifestazione sono, nel più ottimistico degli scenari, affiancati da una manciata di cittadini scettici o indifferenti, 
coloro che -pur cogliendo l'essenza di questi 744 anni di prigionia- ripiegano in un omertoso mutismo, per non essere voce fuori dal coro e per non disturbare la macchina organizzativa. 


La trasparenza è l'unica strada per non dimenticare le migliaia di vite violate a Sacile e tutte quelle ancora prigioniere, esposte e vendute. 

Ai sacilesi, tutti, diciamo che sarebbe davvero arrivato il momento di sollevare il velo di ipocrisia dietro cui si cela quella che è, a tutti gli effetti, la celebrazione del mondo venatorio.
Basterebbe una loro parola per avviare quel cambiamento di cui, ad oggi, organizzatori e istituzioni locali non intendono farsi carico.
Nell'attesa che ciò avvenga (ci chiediamo se mai avverrà), sulla comunità sacilese e sulla cultura del silenzio che ancora oggi la avvolge, pesa la responsabilità (morale e sociale) di questi settecentoquarantaquattro anni di buio.   

Quanto a noi, non smetteremo di documentare ciò che avviene a Sacile, di fare domande e, soprattutto, di cercare risposte.


Nessun commento:

Posta un commento